Levar di furore soprattutto da sinistra (da destra no: perché?), al dire di un vescovo, e neppure in cattedra e fuor di microfoni ufficiali, di una preferenza al voto di coscienza sulla difficile proposta all’esame del Senato. Voto di coscienza che non può essere a comando di partito: e dunque si ”auspica” sia segreto. Ovvio, no? Ma: può, deve, o no?, un vescovo dire la sua? -È cittadino italiano. -Ma è, lui, in una posizione che lo qualifica come portavoce della Chiesa in Italia. Lo stracciarsi le vesti è l’atto di ipocrisia che più impudico non si può. Un gran levare di polverone, un andar via comunque per la propria strada, nascondendosi dietro l’intangibilità del Parlamento. Che intangibile è, ci mancherebbe, ma come istituzione: come persone? [ Il Senato romano ha pugnalato Cesare per mano del suo figlioccio; e a leggere certi volgari fricchettii di attuali senatori (qualcuno più di altri, con l’aggravante sospetta di essere romano di Roma: discendente dai lombi del Tu quoque?) a leggerli, c’è da scommettere che non ci si è ancora lavata la toga ]. Un episodio che rivela un malessere mai risolto: state notando l’uso di cattolico nei media? sulla bocca di opinionisti mestieranti, presi dalla cronaca grigio-rosa, o da una certa suburra di attorucoli senza più chiamate, o da giornalisti in cerca di rilancio? Cattolico per dire retrogrado: non un pensare altrui che interroga, ma un sasso da gettare in stagno. Una rinuncia a usare l’intelligenza, che si ritorce. Non un chiedere lumi, ma una pervicace idea di progresso: che non è andar comunque avanti, se davanti ci può essere un burrone. E, in campo avverso ma parificabile (ricordate gli opposti si attraggono degli anni settanta in pieno terrorismo?), quelli che vanno su un palco da cattolici (cattolici a proprio dire): a proclamare che non siamo stati creati per il piacere ma solo per la riproduzione (oh la bellezza creatrice di Dio come poteva non fremere nel cielo di Roma?!; e si avvertissero finalmente quelli che ancora non hanno voluto capire la pericolosità cristiana di certi movimenti catecumenali pur benedetti da papi, non sempre pure essi ben illuminati, seppur canonizzati); e, aggiungendo in peggioramento, a spiegare che una legge così non deve passare, sennò le casse statali dell’assegno di reversibilità ci manderebbe al fallimento: alla faccia dei principi cattolici su cui ci si è radunati (e lì atei devoti mischiati a tradizionalisti, transfughi di partito ma sempre più verso i fascio-cattolici).         È tempo ormai di esigere una guarigione: magari non definitiva, ma accettabile per una qualità della vita, sociale ed ecclesiastica. Ma occorre accettarne le tappe: anamnesi, diagnosi, prognosi, terapia. A partire dalla prima, l’anamnesi appunto: il raccontarci quel che è, i sintomi del malessere che è innegabile. Scandali e piccinerie, ipocrisie e arrivismi, presunzioni e  arroganze. Un mondo raccontato non secondo interessi di parte, come avviene. Ma com’è; avendo l’unica paura che rimandando la verità della descrizione il male peggiori: perché inevitabilmente peggiora. Quanto la Politica – i politici – deve smettere di rincorrere comunque la protesta per rincorrere la verità, anche se impopolare; tanto la Chiesa deve guardare finalmente nelle pieghe di comandamenti che non hanno avuto mai la definizione di dogmi: per assumerli e correggerli, per farli diventare cristiani, e dunque umani, secondo l’Incarnazione del Figlio. Siamo nel tempo giusto, con un papa che sta facendo rientrare l’essere cattolici nell’essere cristiani. Non più in opposizione a ortodossi e protestanti a stracciare la veste di Cristo: quella veste senza cuciture, tutta d’un pezzo, e tuttavia tessuta con fili diversi, intrecciati al punto di non poterli sconnettere. Cristiani che imparano da altri cristiani, che rispettano altri cristiani che in fatto di umanità hanno visioni diverse. E allora non ci sarà più né schiavo né libero, né uomo né donna, né… Un’unica Chiesa nell’unione delle diversità: esemplare per il riconoscimento sapiente dei veri diritti di tutti nella società umana. Descriviamoci, raccontiamoci, è il primo passo nella misericordia della verità che guarisce.