Venti giorni per vedere se l’anno nuovo portava quel nuovo che tutti si sono augurati (tutti? quelli della nottata san Silvestro tra stelle filanti e ubriacature da spumante). Perché è vero che il tempo è tutto attaccato, ma uno spera che a volte si spacchi un po’, tanto da lasciar spazio a crepre da cui fiorisca il meglio desiderato. E sono qui a raccogliere alcune notizie. Varie tra loro, ma che compongono il puzzle di sempre. A mio parere. E dunque: il boom di Zalone e Volo. Supportati da una gratuita diffusa pubblicità, soprattutto da quei guru da weekend che ormai presiedono le menti italiane (le menti, e non solo le pance), hanno sfondato record di incassi ai botteghini dei cinema o alle casse delle librerie. In questo tunnel di tristezze civiche in cui abitiamo da anni, una voglia di leggerezza, voglia di ridere, si è scritto da scrivani pensatori. [Se non fosse, nel caso del film di Zalone, che si è anche un po’ manipolato – come i sondaggi elettorali che dicono tanti per accalappiarne di più (della serie, saltare sul carro dei vincenti). Eh sì: perché se il record si è basato sui soldi incassati, perché non si è scritto che un biglietto del film, nella catena di sale che ne avevano  monopolio (come mi assicura un amico che se lo è sentito spiegare dalla cassiera alla richiesta di euro undici) è stato maggiorato proprio per quel film del 30 per cento?]. Furbizie italiane? Quelle che ci descrivono come il popolo più fantasioso, costruito su poeti navigatori, e santi per l’inferno? E pure, su un altro fronte: la Sindaco di Quarto, che si dimette piangendo, dopo avere invano chiesto al partito dei duri e puri di aiutarla contro la camorra? E quel Pietro Maso, di cui si sperava come per altri una redenzione dall’omicidio dei genitori, che viene di nuovo imputato di estorsione a carico delle sorelle, per denaro, sempre il maledetto denaro – e dopo una recente intervista in cui si diceva assolto da una telefonata di papa Francesco? E papa Francesco, che nella versione crozzesca portava quel frigo da solo, con prelati e gente della moda e papa-boys a inneggiare, ma guardandosi bene dal condividerne il fardello; papa Francesco che sempre più è di tutti, perché piace per come dice e non per cosa dice, sennò finalmente la misericordia prenderebbe strade vere ma scomode? E quei fanatici che si dicono dell’Islam: radono al suolo il più antico monastero cristiano in Iraq, credendo una volta di più che distruggendo la bellezza si inaridisca la fede in un Dio così altro da loro, e si possa spegnere negli uomini quella speranza che ha alimentato la loro sete di bellezza? E la battaglia per la nuova legge sui diritti civili, che vede contrapposti valori cattolici a quelli laici, come se non vi fossero semplicemente valori umani su cui intendersi; e innescando così una guerra pari a quelle già vissute su aborto e divorzio? E, forse più banalmente ma non meno realisticamente in un mondo che di soldi vive, borse che van giù, al seguito del petrolio che precipita, mentre la benzina resta ai piani alti? E tanto altro, ugualmente dissonante, in questi venti giorni di inizio di un nuovo anno. Notizie vecchie, e non della vecchiezza che fa buono un vino. “Non si mette vino nuovo in otri vecchi ma vino nuovo in otri nuovi”(Mt 9,17). Già detto: finché non si rinnova l’uomo, le cose umane confermeranno il tempo degli uomini: tutto attaccato, finché il cuore non cambia. Ma, nell’alba secca di questo mattino di gennaio, risuona una volta di più l’unica certezza consegnata: Io faccio nuove tutte le cose. Una promessa d’Apocalisse, una promessa da ultime cose, ma che già possono esplodere oggi. Se Glielo permettiamo.