Commenti affettuosi, se volete, ma molto generici: se poi pensate che il titolo più grosso è ancora sulla pedofilia, capite che più che una condanna di quei delitti, è un prurito. Così la missione del papa nelle Americhe viene una volta di più messa in archivio, come se il suo passare dall’una all’altra America, da quella “comunista” a quella capitalista, non abbia segnato definitivamente un punto di non ritorno per le coscienze cristiane. Per loro: e non forse ancora per gli equilibri mondiali. È vero che a Cuba, seppur comunista, ha ricevuto un’accoglienza inimmaginabile; ma non hanno scherzato neppure negli States capitalisti – seppur connotati da un protestantesimo battagliero e da un cattolicesimo conservatore.
È vero: è andato all’Onu ad insegnar loro a far l’Onu, come hanno scritto; è vero, ha detto ai vescovi di là di piantarla di fare slogan a senso unico, ma di vedere la vita nella sua interezza: dai non nati ai bambini sfregiati ai giovani senza lavoro agli adulti senza speranza ai vecchi messi al margine.  È vero, ha parlato della povertà dei poveri, ma non tralasciando di denunciare la povertà dei ricchi. È tutto vero. Ma che cosa resta di questo lungo viaggio missionario? Alle nostre coscienze? E alla coscienza del mondo che pure l’ha applaudito? O forse perché l’ha applaudito molto ci si è lavati una volta di più la coscienza, e il tran tran tra ricchi e poveri della terra continuerà  come prima. Sì, l’elemosina ai siriani perché abbiano un inverno fornito di carburante. Ma elemosina. Senza un governo della ricchezza, non serve a nulla la lotta alla povertà; perché il problema non sono i poveri, e non sono i ricchi: ma il rapporto tra poveri e ricchi, per uscire fuori dalle scandalose statistiche di forbici sempre più vergognose. Che hanno condotto, e condurranno alle guerre.
Se vi capita di entrare in un negozio che vende vini a Brembate di Sopra e vedete lì uno di quei ragazzini dalla faccia evidentemente extracomunitaria, e sentite la signora che gli dice con rabbia di togliersi di torno “ché se no ti mando giù dal Papa” – quando vi capita una cosa così potete sorridere amaramente, sapendo che quella venditrice di vini (cui naturalmente non avete dato la soddisfazione di guadagnare da voi) rappresenta migliaia di altri che la pensano come lei: e cioè, ci pensi il papa che parla così tanto di loro. Infastiditi al punto che qualche giornalista si fa voce per sapere se davvero Francesco è comunista, costringendolo, in battuta, a dirsi pronto a recitare il credo. Perché  chi parla di poveri è un cattocomunista? E il Vangelo? dove l’han messo? che cosa hanno predicato i preti? Hanno predicato contro l’ateismo di stato sovietico, identificandolo con la voglia di uguaglianza che è un diritto delle persone e dei  popoli: è come quando gli altri identificano la chiesa con le crociate, o il papato con i papi del Rinascimento. Non esiste il dilemma comunismo o Vangelo: i primi cristiani hanno vissuto mettendo in comune i loro beni. È la volta buona di voltar pagina, di uscir fuori dalle sagrestie, da candelabri e merletti, per finalmente predicarlo il Vangelo: non certo per continuare a chiamare alla rassegnazione dei miti e umili di cuore, ché avranno il Paradiso (e dunque tocca sempre ai poveri). Ci saranno inevitabilmente dei martiri: beati quando vi perseguiteranno… Li sta già fabbricando in tanti paesi del mondo, il Vangelo che fa schierare dalla parte dei deboli. E chi non ci sta, prete, vescovo o laico, a predicare evangelicamente con la vita, si faccia da parte. (Certo, ammetterete con me che sono brutti, come quella signora e tutte le signore come quella: misericordiosamenteincorrect, è vero, ma come diceva quel mio zio delle Americhe, quando ci vuole ci vuole). 28 settembre 2015