Le parole che abbiamo detto, inascoltati, in quarant’anni; che avremmo desiderato avessero detto i papi eccessivamente amanti dei movimenti; le parole dette ieri agli ottantamila convenuti: e che le loro orecchie siano state toccate dal fruscio del vento dello Spirito! e le nostre labbra lontane dal giudizio, seppur piegate a un innocente sorriso — Tenete vivo il fuoco del vostro incontro con la misericordia di Gesù. Un fuoco scoppiettante e non uno strato di nobile cenere, da conservare con cura. Ha fatto del bene a me don Giussani, alla mia persona e al mio sacerdozio. In particolare, per quel suo insistere sull’esperienza dell’“incontro” “non con un’idea, ma con una Persona”, con la carezza della misericordia di Gesù. E infatti la morale cristiana non è lo sforzo titanico, volontaristico, di chi decide di essere coerente e ci riesce, una sorta di sfida solitaria di fronte al mondo. No. Questa non è la morale cristiana, è un’altra cosa questa. La morale cristiana è risposta, è la risposta commossa di fronte a una misericordia sorprendente, imprevedibile, addirittura ‘ingiusta’ secondo i criteri umani, di Uno che mi conosce, conosce i miei tradimenti e mi vuole bene lo stesso, mi stima, mi abbraccia, mi chiama di nuovo, spera in me, attende da me. Vi chiedo di essere ssere decentrati: un carisma 60 anni fa accese in don Giussani l’urgenza di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, per creare un corpo ecclesiale innervato dal Vangelo. Dopo sessant’anni, il carisma originario non ha perso la sua freschezza e vitalità. Però, ricordate che il centro non è il carisma, il centro è uno solo, è Gesù: Gesù Cristo! Quando metto al centro il mio metodo spirituale, il mio cammino spirituale, il mio modo di attuarlo, io esco di strada. Tutta la spiritualità, tutti i carismi nella Chiesa devono essere ‘decentrati’: al centro c’è solo il Signore!. E poi il carisma non si conserva in una bottiglia di acqua distillata, e fedeltà al carisma non vuol dire ‘pietrificarlo’, giacché è solo il diavolo quello che ‘pietrifica’: il riferimento all’eredità che vi ha lasciato Don Giussani non può ridursi a un museo di ricordi, di decisioni prese, di norme di condotta. Comporta certamente fedeltà alla tradizione ma fedeltà alla tradizione – diceva Mahler – ‘significa tenere vivo il fuoco, e non adorare le ceneri’. Don Giussani non vi perdonerebbe mai che perdeste la libertà e vi trasformaste in guide da museo o adoratori di ceneri. Tenete vivo il fuoco della memoria di quel primo incontro e siate liberi! E da questa libertà nascono braccia, mani, piedi, mente e cuori a servizio di una Chiesa ‘in uscita’: e uscire significa anche respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera. Quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una ‘spiritualità di etichetta’: ‘Io sono CL’ questa è l’etichetta; e poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una Ong.