L’aver umilmente anticipato Francesco papa nel domandare se fossimo caduti nella terza guerra mondiale, seppure frammentata (una di quelle parentesi esemplificanti che si generano da sé durante le omelie domenicali) non è indice né di un presumere di intuire lo svolgimento di eventi futuri né tantomeno di un telefono privato con Lui (ancora!?). È una sensazione diffusa in molti di noi, che se non prende quel nome inquietante per altro presente in certe visioni apocalittiche di natura religiosa, certo pone domande. Non fosse sufficiente lo sconquasso che avviene nelle nostre quotidiane esistenze – malattie, fallimenti, tradimenti;e suicidi di giovani cui non si è insegnato la fatica dell’amare; e questa nazione che non riparte, e continua a macinare persone senza lavoro – non fosse sufficiente questo, quelli che un tempo chiamavano focolai di guerra ora sono eruzioni vulcaniche. E non solo nella cronica impotenza della Palestina ad uscir fuori da un imparpagliamento, ma in tutte le terre che le stanno a nordest, già alleate per distruggere Israele, e ora in lotta anche tra loro per l’invenzione di quel califfato che ripropone il seicento maomettano nel nostro presente. Gole sgozzate, teste tagliate, violenze su donne e bambini, pulizie etniche e rivendicazioni di storie e territori che come in Ucraina di fatto stilano ogni giorno i loro bollettini di morti. Per non dire dello stillicidio dell’Africa dall’anima più nera, a cominciare dall’assassinio dei monaci di Tibhirine fino a queste ultime esecuzioni di cristiani, laici preti e suore. Che succede all’uomo? donde questa ondata di caini? e dove la risposta dei popoli che si dicono civilizzati? e quale la risposta dei cristiani in questo tourbillon del mondo? Fa specie ai più avvertiti che, eminenti personaggi che antepongono la teologia (la loro!) all’uomo e alla sua fragilità, si perdano nelle regole del sabato, come se non avessero più il Vangelo sui loro tavolini di studio. Fa specie che rincorrano il peggio di quanti non sanno la misericordia, che se si avvale del giudizio, tuttavia non mette alla porta nessuno. Forse quel che succede nel mondo delle guerre guerreggiate deve succedere: all’apice di uno sfruttamento di anime prima che di una ladrocinio di beni creati per tutti, si può credere che si precipiti perché tutto sia rimesso all’inizio, ad un ricominciamento. Non avendo tenuto conto dell’ammonimento biblico sul ridare la terra alla terra nei giubilei cinquantennali, sulle tragedie del mondo i cristiani sembrano svampiti come le miss Italia (quale ritieni sia la cosa più importante? la pace nel mondo) . E non secondo l’articolazione della Pacem in Terris che li vuole protagonisti di un cambiamento, attori fino al dimenticare sé per l’altro, ma rintanati dentro le regole che non fanno la libertà della fede. Per fortuna abbiamo i martiri, anche oggi: che sarebbe una bestemmia chiamarla fortuna, se non fossero loro a mantenere alta la speranza dell’annuncio possibile del Vangelo dentro rovine e fiamme.