Chi le architetta le leggende? Buontemponi afflitti da voglia di contare inventando? O pataccari che vendono paccottiglie per il gusto di confondere? o confusionari che non distinguono tra realtà e fantasia? Mistero. Però le leggende prendono piede, si diffondono, e più si diffondono più ricamano o stravolgono, mettendoci ciascuno un che di suo. La verità nelle leggende non ha spazio, soprattutto perché nascono da non-verità. Potreste trovare, questo aneddoto, in un qualche romanzo etnico. C’è Gioele e Gespi, cattolici, e Akram, musulmano: tredicenni del nostro mondo multietnico e multireligioso. Il fianco a fianco esiste per i giochi, per la scuola. Non esiste per la fede. I primi due si stanno preparando per la Confermazione, e naturalmente si sentono dire dal catechista che i cristiani amano anche chi non li ama. Akram sente altre cose nella madrasa. E un giorno che siedono tutti e tre in riva all’Adda, dal niente di parole che si accumulano, nasce una sfida: quale vita è meglio, la nostra o la tua? Anche i ragazzi sanno appassionarsi, se qualcuno tocca le loro radici: forse indescrivibili per loro concettualmente, ma che risalgono seppur confuse da un sentire atavico. E per Akram che alla fine se ne esce con un “il vostro Gesù non è mai esistito, ve lo siete inventato” i due dimenticano i precetti dell’amore e lo prendono a botte. Dire che Gesù è una leggenda, è un’offesa che grida vendetta, alla barba del compatimento per chi non sa. Ma tant’è. Per alcuni tutto il fatto cristiano è una leggenda, una superstizione, con quella fila di santi da cui si pretende un miracolo post-mortem per metterli nell’elenco dei sicuri-in-cielo. Ma ci sono leggende che nascono dalla paura: la stessa dei bimbi che negando pensano di esorcizzare il male che li assedia. Così ci stanno quelli che negano l’11 settembre: il nemico in casa? Una leggenda di americani faziosi. E ci stanno quelli che negano l’arrivo sulla Luna: quello che trovo impossibile a me, non deve esistere neppure per gli altri, una leggenda appunto. E sono leggenda i numeri dell’Olocausto: e qui davvero è un mistero conoscere le ragioni di un negazionismo, che pure è lì documentato non da parole di uomini solamente, ma da immagini di cadaveri che camminano uscendo dai forni che li stavano aspettando (e da quante leggende nate dall’ insegnamento del disprezzo – come lo ha chiamato lo scrittore Jules Isaac – è stato preparato dai pulpiti cristiani, e messo in pratica dalla pazzia hitleriana?). Leggende come fiabe. E non con intenti morali. A volte le leggende hanno una caratura più piccola: mi telefona un amico dalla Bolivia (dalla Bolivia, perché anche le leggende più insignificanti trapassano gli oceani!) e mi chiede se sto bene qui dove avrei scelto di venire. Ho scelto di venire? Ma se di tutti i luoghi che mi hanno assegnato, questo è quello in cui più di altri mi sento “mandato”, gli dico. Eppure, insiste, così si dice. Già, così si dice, e la fiaba diventa verità. Chi avrà inventato questa leggenda? Perché? Ce l’avrei il perché. Ma è cosa così piccola che non vale spenderci l’anima. O intrattenervi di più. Scusate la personalizzazione accanto a leggende di ben altro spessore. Solo per dire che, piccole o grandi che siano, universali o personali, le leggende non servendo la verità non servono la carità. E possono scatenare amarezze. O rancori che portano alle guerre. Se non si riesce a scrollare le spalle.