Sembra a volte diventare una virtù, tanto sa riparare dagli odori acidi che emanano certi nostri vicini. Più ci si allontana, meglio si sta, si pensa: e si agisce di conseguenza. Succede nei condomini, ma avviene quando si schiva qualcuno che non ci piace incontrare, svicolando dall’altra parte di una via. O della vita. Perché, che piaccia o no ai nostri sensi di colpa, dalla profondità di sé emerge a barlumi, e talvolta, il bisogno della vicinanza. C’è certo la grande indifferenza, quella mondiale: l’indifferenza dei paesi benestanti di fronte a quelli poveri, dice Francesco papa: “Abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna… La cultura del benessere rende insensibili alle grida degli altri, fa vivere in bolle di sapone. Una situazione che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”. Parole forti, che allertano sui recinti costruiti per impedire l’arrivo nella nostra esistenza di chi può compromettere i nostri accumuli. Ma a volte la predicazione sulla grande indifferenza non ci fa accorgere di quella quotidiana: di quel terribile abisso di isolamento dentro cui respingiamo chi ha bisogno di noi. Che è poi quello, o quelli, di cui noi abbiamo bisogno per essere totalmente noi stessi. Grande spettacolo la grande nave che si rialza, per opera del genio umano; ma non più grande di quella accoglienza che in una notte fredda hanno saputo inventare uomini e donne dell’isola del Giglio: sbarcati dalla propria casa calda e accogliente per prendere con sé gli sbarcati da una tragedia d’acqua e di paura. Bello, ma non ordinario. Così come non è ordinario accorgersi di chi ha bisogno di noi, accorgersi del suo grido segreto, pudico. Vivere la differenza: è questo che conduce ad amare, e dunque ad accorgersi; ad avvertire senza condannare. E tuttavia senza restare complici di chi sbaglia. Quando ci si accorge di avere ferito qualcuno, si tenta di scappare da sé accusando gli altri del nostro star male; per non indurirsi, il segreto è non lasciarci ammantare dall’indifferenza per la sofferenza di chi ormai non può non appartenere alla tua vita. Certo non è facile per nessuno lasciarsi toccare dalla sofferenza altrui; è molto più facile nascondersi dietro la sofferenza di chi, lontano, non ci tocca, per giustificare il cammino di indifferenza che porta lontano da chi, vicino a noi, può rimettere a fuoco l’indifferenza di cui ci nutriamo. “Guai a quelli che si considerano sicuri sulla montagna di Samaria”! ricorda ancora oggi il profeta Amos a chi si asserraglia sulla propria montagna. Ma grazia su grazia sono coloro che scendono da sé, si lasciano perdonare e toccare, perdonando a loro volta.