Meditatio del vescovo mons. Beschi nella chiesa di Sant’Egidio : «L’amore è il miracolo dell’incontro»”

«Molte fedi sotto lo stesso cielo», un percorso che Daniele Rocchetti delle Acli descrive come una ricchezza. «In questi itinerari e proposte d’incontro stiamo imparando a considerare l’altro come occasione di comunione. Siamo convinti che si cresce nell’ interreligiosità non quando si conoscono bene le altre religioni, ma quando si raggiunge la profondità della propria fede». Ad entrare nel profondo della fede e ad aprire la sezione della «Meditatio dello spirito» il vescovo monsignor Francesco Beschi con una riflessione su «Ama il prossimo tuo perché è te stesso». Monsignor Beschi, a Sant’Egidio in Fontanella di Sotto il Monte, regala alcuni frammenti attorno a quella che definisce la parola essenziale, il comandamento dell’amore. «In questo tempo così ricco– ha detto il vescovo – aspiriamo a qualcosa di essenziale. Qual è il comandamento più importante? Tutti i comandamenti si risolvono in un unico comandamento: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”». Dalle pagine del Vecchio e del Nuovo Testamento il vescovo passa alle parole della comunicazione attuale, quelle del cinema in particolare. E parla del film di Olmi Il villaggio di cartone, o meglio di ciò che il film ha «scatenato». Monsignor Beschi non ha avuto ancora la possibilità di vederlo, ma dice di avere letto molto sulla pellicola. «Carità, legge e fede sono le questioni poste dal film – ha detto –. Nella storia il povero prete smarrito si lascia andare a questo commento: “Per fare del ben enon occorre avere fede”. Ma chi dice di avere fede deve fare del bene, perché questo è il comandamento. Amerai…». Poi la riflessione si allarga e la domanda si infila in quel verbo così controverso: amare. «Per tanto tempo ho pensato che amare il prossimo significasse aiutarlo nel suo bisogno. Quando leggiamo la parabola del buon Samaritano ci sfugge un piccolo particolare, che solo uno ebbe compassione e l’aiuto è frutto di una compassione, fatta da due sentimenti viscerali e profondi. Il primo è la rabbia, che non accetta, che non sopporta, e l’altro è la partecipazione, che fa mettere a disposizione dell’altro tutto di noi stessi. Amare non è soltanto aiutare. Amare è il miracolo dell’incontro. Ci incrociamo, ci scontriamo, ma l’incontro nelle sue mille forme è un gesto d’amore, in cui gioco qualcosa di me». Non solo un comandamento, l’amare: monsignor Beschi lo definisce un «principio vitale», il criterio fondamentale su cui modellare la propria vita. Il titolo della riflessione, ispirato alla tradizione rabbinica, conduce alla conclusione. «Non è semplicemente la proiezione o il riconoscimento di me sul volto dell’altro. C’è un tu reale che non sono io. Un Tu misterioso che noi chiamiamo Dio. L’altro, l’Altro. Nella fede sta l’affermazione radicale dell’Altro, di quel Tu. Altrimenti non c’è amore, non c’è niente».

di Monica Gherardi

In “L’Eco di Bergamo”, sabato 15 ottobre 2011, p. 58