“Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d’ uomini, che, più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell’uno e dell’altro estremo: un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e ad adorare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento;
avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno, o d’urlargli dietro…: attori, spettatori, strumenti, ostacoli, secondo il vento. Fanno a chi saprà sparger le voci più atte a eccitar le passioni, a dirigere i movimenti a favore dell’uno o dell’altro intento; a chi saprà trovar le nuove che riaccendano gli sdegni; a chi saprà trovare il grido, che ripetuto dai più e più forte, esprima, attesti e crei nello stesso tempo il voto della pluralità, per l’una o per l’altra parte”.
E’ ancora tempo di Manzoni. L’Alessandro Manzoni di Milano, che colloca nel seicento le cose che avvengono nel suo ottocento; e che prevede alla lettera quello che sta avvenendo in questo scorcio del secolo che noi abbiamo l’avventura di vivere. A dire che il tempo è tutto attaccato, e gli uomini, progresso o no, son sempre gli stessi quando si tratta di mettere in pratica la fatica di stare insieme. O la fatica di pensare: innanzi tutto di pensarsi come uomini. Non che Renzo non pensi; ma anche lui si lascia trascinare dai suoi casi personali; e diventa capopolo, e gli piace vedersi mentre psicologicamente e socialmente diventa qualcuno per quelli a cui non interessa nulla di Lucia, perché non sanno nulla di don Rodrigo. E si trova in galera, perché “vino e parole continuarono ad andare, l’uno in giù e l’altre in su, senza misura né regola”.
Misura e regola: e mi sono riletto buona parte dei Promessi sposi per trovare il brano che ho trascritto. Poiché da sempre aspettavo che qualcuno non confondesse il progresso con un avanti tutta scriteriato, ho avuto una giornata felice a partire da una notizia data senza gran rilievo: il nuovo premier inglese avrebbe proibito la calcolatrice elettronica per gli alunni delle prime classi. Dita e punta del naso, o pallottoliere: così si costruisce una attenzione mentale, una manualità del pensiero che altrimenti non conoscerebbe mai la finezza. Stiamo entrando in Europa, e il mercato comune dell’intelligenza ci obbligherà, io spero, a rifare tra qualche tempo la riforma della scuola che sta nascendo in Italia adesso: niente pagelle, maestre laureate, molta musica e tanti happening fai-da-te a spuntare materie di vecchio sorso. Una giornata felice, che si è conclusa con un’immagine dalla Polonia abitata in questi giorni dal Papa: un bambino mani giunte ed occhi bassi. Cosa estinta da noi, che abbiamo un cattolicesimo certamente più conciliare, ma certamente immemore. Mani giunte ed occhi bassi dice la stessa attenzione di chi usa il pallottoliere: immagazzina procedimenti, non si fa fare calcoli da altri. Davanti a Dio – e davanti alla vita – è sempre questione di umiltà, di creature che tengono il proprio posto, che sanno la fatica bella dell’imparare. Fin da piccoli, a creare abitudini inveterate e radicate, come dice ancora il Manzoni: così che quando si sbaglia, più facilmente ci si accorga.
Sarà mai possibile reinsegnare a piccoli e grandi della comunità questi segni che – mentre segnalano agli altri chi siamo, ricordano a noi stessi chi potremmo essere, se solo reimparassimo che davanti a Dio – e alla vita – non vale l’arroganza dello sguardo, né le mani in libertà?