Chi teme la società multirazziale? Forse chi confonde i molti di altre etnie con i pochi malandrini che li rappresentano sulle cronache nere italiane. Gesù e Maria sono ebrei, sant’Agostino è africano, Gandhi asiatico, madre Teresa albanese. Chi vuole l’uomo forte? Il culto del capo e della razza può far nascere una chiesa pagana, con i suoi dei, con i suoi riti, e con un suo linguaggio mitologico: non tollera la libertà religiosa, e attacca rabbiosamente il Papa,
in quanto lo sente tallone invincibile sulla propria testa. Chi ha pianto per la morte di Pol Pot? Nessuno, neppure dei suoi intimi: il ciglio asciutto per trattenere ancor più la memoria delle folli deportazioni del suo popolo dalle città alla campagna, e i quasi due milioni di morti che in quattro anni ne sono scaturiti.
I ghetti? Quando si manifesta una insofferenza, l’ignoranza del vocabolario è deprecabile per un capo di partito; e tanto più per il giornale dei cattolici italiani che rilancia provocazioni senza distinguere tra tendenze sessuali e forme maniacali; e i ghetti, se non più nelle recinzioni delle città, si stabiliscono di nuovo nelle coscienze.
Ci sono ancora eredi, vincitori o sconfitti, delle elezioni del ’48? Sembra di sì, a vedere ipocrite rievocazioni, ed appropriazioni, dei grandi nuovi partiti – e di quelli indecentemente minimi, che sono discesi dalla frammentazione di quanto hanno rinnegato pur di agiatamente sopravvivere, loro e la famiglia che tengono.
Un aprile intenso, tra piccoli e grandi fatti, tragici e meschini.
Un aprile intenso, a ruotare attorno alla liberazione che la Pasqua ha celebrato. È per la sua differenza con la mentalità dominante, giudaica e romana, che Gesù viene condannato. E le Scritture vengono adempiute non da un chiaro disegno di deicidio, ma dalla nefasta convinzione che le diversità non debbano aver posto. Anche la predicazione di un Dio diverso da quello conosciuto viene esclusa: dopo Gesù, ne fanno le spese gli Apostoli e i martiri.
Chi teme le differenze religiose, culturali e sessuali? Chi vuole imbastirsi una propria, intoccabile idea del Creatore, e delle sue creature. Chi stabilisce, per sé e per gli altri, che la creazione è finita nelle pagine di Genesi, e non resta aperto ad ogni fiorire di bellezza e di novità, ad ogni relazione che può cambiare anche il colore della pelle.
Quanto più i cristiani vivono di Vangelo, tanto più diventano capaci di rispettare la coscienza degli altri: gli altri sono come noi, prepotenti ed egoisti, e talvolta fanno della loro diversità un’arroganza. Ma gli altri sono quelli che insegnano la multiforme presenza di Dio e del suo volto, l’infinito rivelarsi della sua diversità dall’uomo.
Ma chi, se non i cristiani, possono mettersi nell’avventura coraggiosa di accettare le differenze, per mostrare la differenza della loro fede?