Ebbene sì, ho votato sì. Convinto che la vera tragedia di un popolo sta nel rifiutare il cambiamento. Per quanto piccolo, per quanto insufficiente, per quanto ancora correggibile. Ho votato sì contro l’arroccamento di chi ha e non vuol perdere minimamente, chiamando a schierarsi quelli che non hanno e così continueranno a non avere. Ho votato sì, perché, nel dovuto rispetto alla pancia, su una scala di valori la faccio precedere dalla testa. Ho votato sì contro l’ipocrisia di chi si è nascosto dietro un quesito di diversa natura, per tentare un golpe: e dunque quanti (e quanti del sessanta per cento?) non sapevano nulla della legge costituzionale, ma hanno voluto votare contro il governo. Presieduto da un tipo troppo giovane, e troppo bauscia, come direbbero i meneghini. Ai tanti dalema e dalemini settantenni sentirsi scavalcati (e scavalcati nelle cose realizzate dal giovin bauscia) non è andata giù. Ai quinci-e-quindi alla Monti – che pure fu orgoglio presentare in Europa dopo le volgarità berlusconiane – lo scout rampante e intraprendente (con il coraggio, lui, di confessare che “certo, sono cattivo”) per quanto di inglese sapesse tanto da farsi intendere, non pareva proprio destinato mai a indossare un look da montgomery, e dunque…  Tentare di uscire dalla palude: questo il traguardo mancato. Un cronista mi aiuta a stilare la lista della palude politica, dentro cui si è deciso di restare ancora per un po’ (ma quanto? quanti anni?). Dunque la conta. Ben ventitre sono i gruppi in Parlamento: dai cosiddetti «peones», sedici, ai sette di quelli che vorrebbero passare per maggiori. Decisamente non siamo bipolaristi: semmai politicamente bipolari. La rete, quella che i pentastellati prendono come unico riferimento democratico, ha insegnato all’urbe e all’orbo che uno può parlare anche solo per il fatto di esistere, non di avere cose da dire, e magari pensate. E la dimostrazione è tutta lì, in quella processione di facce note e ignote: dalle minoranze linguistiche di Alto Adige e Valle d’Aosta a Civici e innovatori (i superstiti di Monti); da Alternativa Libera Possibile (che abbina fuoriusciti Pd e M5S) a Fare! dell’ex sindaco di Verona Flavio Tosi, al Movimento PPA (partito pensiero e azione). Ma anche sigle storiche ridotte al lumicino (ciò che resta del Partito socialista); e la riapparizione di ex ministri, come l’ exDc (ed exUdc, ed ex Pdl) Rocco Buttiglione (ora di nuovo Udc),  e Carlo Giovanardi (ex di varie sigle, ora di Gal); o Ignazio La Russa (ex Msi ex An, ora Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni); o ancora Bruno Tabacci (altro exDc già presidente di Regione Lombardia, ora con Ds-Cd), e Gaetano Quagliariello, di estrazione radicale, divenuto di Forza Italia, fondatore dell’NCD, che lascia per finalmente fondare Idea. Insomma nani e ballerine. Deputati e senatori, non lo dicono, ma è il loro pensiero unico, hanno una sola preoccupazione: salvare la legislatura, quindi le poltrone, e il vitalizio: il 62% sono di prima nomina; deve passare almeno l’estate prossima; resistere resistere resistere. Questo il vero esito della vittoria del no: una vittoria di Pirro come questa, è da guinness dei primati. Questa la palude da cui un referendum per quanto chiamasse a una legge imperfetta voleva tentare di farci uscire. Ma chi vuol lasciare un posto sicuro, con prebende non certo da insegnanti o infermieri, e con vitalizi che fanno comodo in un paese dove tutti tengono famiglia? anche i celibi? Questo il punto. Si abbatte per restare: non crediate che le manifestazioni annunciate – di chi si dice contrario a un governo subito, per elezioni subito – siano di persone credibili. Per fortuna una giornalista dice in faccia, al supponente di turno, di non riuscire a sopportare più di mezz’ora di frasi fatte. Un bello schiaffo, che manderebbe, chiunque non fosse un piccolo saccente sostenuto da un excomico, dietro la lavagna. Eppure, è su quelle frasi fatte, senza un pensiero, che brava gente (gli italiani, appunto!)  ritengono di affidare un futuro. Da cittadino ho votato sì. Da cristiano mi vanto di non essermi impaludato con chi vive di paura, con chi non sa tradurre la speranza nel difficile dei giorni. Non aspettando la perfezione, ma assumendo il limite.