Di questa stagione, poco dopo Natale, s’andava nell’alta Svizzera. Con un amico prete, o con un amico e basta. Qualche giorno di sosta, da un missionario degli emigranti italiani di ormai terza generazione. Una bella cittadina, Kreuzlingen, con la chiesa in luminoso barocco dedicata a St. Ulrich. Da questa parte del lago di Costanza, che è invece una città triste con chiese cupe. e una storia che la stigmatizza al grigio. In un appartamento arredato nello stile elegantemente sobrio, ci si faceva da mangiare, si giocava a carte, si leggeva, ci si torceva in discorsi da massimi sistemi – ma senza le paturnie che li accompagnano nel luogo di lavoro; nessuna sbarra alle finestre che si alzavano a solo un metro da un prato innevato:  arricciate tende di pizzo a lasciar fuori eventuali  sguardi indiscreti. Un tempo fermato dentro spazi lontani dalla frenesia che coglie pure una vita da prete: già al valico del San Bernardino lo strapieno di nevicate, ogni anno, separava dal mondo da cui si veniva. Strano – lo penso ora come allora – il bisogno di mettere tra te e quelli con cui vivi la quotidianità, questo stacco, una volta tanto: per riprendersi, nel senso di riprendere quel sé che si diluisce e confonde nelle relazioni necessitate dalla vita? dunque per far riemergere, per re-intimizzare, quei cunicoli di luci e ombre che si confondono nella dispersione dei giorni? Domande. L’angolo migliore era l’ora sul lago: piene di neve le sponde in cui affondavano i passi, pieno di neve il grigio del cielo; intabarrati contro il freddo, a guardare le anatre galleggianti sulla distesa plumbea: immobili per lunghi momenti, spostandosi di poco con un sommesso qua qua. Se non fosse che non c’è reincarnazione, direi che fossero anime messe lì a riflettere le nostre: sospese le loro, e sospese le nostre, a cercare. Il dare senso all’impulso di trovare i perché, lì era impellente: il perché del bene radicale che tuttavia non sconfigge il male storico, in sé e in questa terrestrità umana.  Delusioni e illusioni, disagi e incertezze, voglie e desideri di altro. Tutta la pochezza a risalire quella che infstisce, ma tutta la forzaconsapevole a spingere il ricominciamento. Insomma, tre giorni di esercizi cristiani. Perché non più? non più così? Keuzlingen non esiste più. L’altro posto dove si è trasferito l’amico missionario ha il mare e il sole. Non più la neve e il lago. E  chi gremisce le sponde marine non sa il silenzio che quei piccoli animali senza freddo sanno affollare di domande. Tutto questo si è proiettato in me nella mezz’ora di un blocco dentro la galleria san Roberto: la si percorre in un minuto e mezzo in condizioni normali; ma lì, ieri l’altro di mattina, l’ansia per l’uscita dal tunnel che il tempo prolungava in una distanza irreale, è stata vinta dall’oltre quel buio abitato da paranoie. L’anima, e la sua libertà, è vero, non si possono imprigionare.