trasmigrazione

Sul sordo rumore dei fedeli che si allontanano, che disertano le Chiese – e va bene (va bene?), se pensano che altrove o senza un altrove danno senso a sé, al proprio momento di vita – ma se allontanandosi disertano Dio, il Creatore Padre di tutti e di ciascuno, guardato da Lui per nome? Convenite con me che un certo scoramento è comprensibile, e non di Dio, ma di quelle fette di credenti che rimangono soli. Per la verità, gli allontanamenti sono ciclici, sia nel vivere civile sia nella storia religiosa. Una specie di nomadismo congenito alla ricerca di una terra promessa. E sempre altrove. Ricordate qualche anno fa i giovani che “Barcellona è il tutto per sempre”? Fu una rivisitazione, allo scoccare del millennio, del sessodrogaerock’n’rolle o del più antico baccotabaccoevenere. Adesso…

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Andando.

 Il treno per Milano qualche giorno fa. Io per impegni alla Curia. C’è sempre qualcuno che vuole nullo quel matrimonio celebrato in Chiesa. I due davanti a me per passare il tempo, dicono. Uno viene da Bergamo l’altro da Ponte. Sembrano della sfera degli ottantenni. Ma hanno ambedue un fisico asciutto, capelli ben messi, e un profumo da dopobarba gradevole. Perché sono sbarbati, loro, a differenza della moltitudine maschile che sotto la mascherina ormai nasconde la pigrizia di radersi come faceva fino ad un anno fa. E si raccontano le loro giornate. Uno in particolare; l’altro ascolta e annuisce, come se quel che l’altro racconta sia la sua vita. E dunque dicono, uno parlando e l’altro tacendo, che lui il tempo sa come farselo passare, non come questi ragazzi cui sembra mancare il fiato…

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