Che all’essere un po’ stupidi e un po’ cattivi, a seguito del covid, non sfuggissero neppure loro, non ci meraviglia: sono uomini fragili come tutti. Ma che la loro stupidità cucinata con la cattiveria venisse a galla durante questo tempo che segna un malessere universale, loro potrebbero risparmiarcelo. Da oltre oceano alla penisola è la stessa incapacità di assumere il limite: lo stiamo vedendo là, con un capo che incita alle rivolte; e qui con un leader che è ingrumato da due anni per una sconfitta che l’ha messo nelle retrovie. E così si mette in discussione la regola fondamentale della democrazia, che è riconoscere le ragioni dell’altro. Non possiamo far altro che stare alla finestra a vedere quel che succede; di scendere in piazza come sardine a dire che ci siamo anche noi, e dirlo senza violenza se non quella dei numeri, non si può: le restrizioni del tempo impediscono di muovere le piazze nel loro ragionato opporsi ai mestatori. Il più possibile sarebbe che ciascuno promuova una rete di dissenso intelligente. E questo potrebbe finalmente purificare i social dalle nefandezze per cui sono quotidianamente usati. Ma tant’è: convinciamoci che si uscirà a guardare le stelle, prima o poi, anche se questo inizio d’anno, facendo continuare il precedente nei suoi malanni fisici che i politici appesantiscono con malanni sociali, ritarda il compimento della speranza: ma che sia di poco, continuiamo a pregare. D’altronde, dice il saggio, li abbiamo messi lì noi. In un mondo così, che abbiamo ereditato manco fosse il debito nazionale anche non si espunge con il cambio del calendario, anche la Chiesa continua la sua sofferenza. Qui, nella penisola, i pennivendoli cattolici prendono spunto da ogni cosa per demolire il papa, credendo di esaltare il papato. E oltre oceano, nella grande! America del nord si produce la ciclica opposizione a Roma dei cattolici conservatori – guidati, Dio ce ne scampi e liberi, anche da vescovi che uno si chiede che discernimento sulle loro vite si è fatto per metterli a capo delle chiese. Oggi criticano papa Francesco perché si accosta ai cinesi, così come, alle guerre del Golfo, criticavano Giov. Paolo che si opponeva. Nazionalismi che se si intrecciano alla religione inevitabilmente producono guerre: e danno ragione così a quelli che nelle religioni non vedono l’oppio dei popoli (che già è brutto) ma il focolaio di tutte le guerre della storia. Le guerre che producono all’interno della Chiesa, chi di fatto è già scismatico – ho scritto, lo ricordano i miei pochi preziosi lettori? che non si deve aver timore di uno scisma: è lasciare a chi non ci sta di prendersi una propria via. Perché, trattenere a forza chi si abbevera ai copia-incolla dei messaggi di Radio Maria, sull’onda di Medjugorje, non è bello per una trasparente testimonianza al mondo del Vangelo. Lo si è predicato nelle chiese nei giorni natalizi: Cristo si è fatto carne; e non vederlo nella carne degli uomini, e non servirlo, soprattutto oggi che è momento di bisogno, è negare Dio che ha scelto di stare tra noi. Che è poi quello che negano di fatto – a parole si guardano bene – quanti disprezzano il richiamo a una fraternità di tutti con tutti, quando continuano a pensare che l’essere Chiesa non sia principalmente occuparsi della carne degli uomini; e che senza potere fasti sfarzi pompe, non c’è Chiesa. Senza potere non c’è Chiesa? Senza potere c’è Chiesa. E a chi si lamentasse con chi – me, ad esempio – mette dito sulle piaghe di chi vorrebbe una chiesa secondo lui, dedico questo racconto della tradizione ebraica. Una sera due amici, resi allegri da molte bevute, e veritieri i loro cuori, Esemplare al riguardo un racconto della tradizione ebraica chassidica. Una sera in cui due amici erano insieme in una taverna, quando il vino rese allegri e veritieri i loro cuori, l’uno chiese all’altro: “Tu mi ami?”. Così per tre volte, e l’altro a rispondere sempre “Sì”. Quando alla fine gli chiese: Tu sai ciò che mi fa soffrire?” e l’amico rispose “No”, E il primo concluse: “Se non sai ciò che mi fa soffrire, come puoi dire di amarmi?”. È la radicalità ebraica, che sarebbe bene imparassimo anche noi cattolici. Se non vuoi sapere ciò che fa soffrire il corpo di Cristo nell’umanità, come puoi dire di servire Dio? Amare è soffrire insieme, tanto per parafrase un testo di Quoist che ha innaffiato la mia adolescenza.