caro Enzo

caro Enzo, non ti ricorderai di me, con tutti quelli con cui ti sei incontrato nel tuo magnifico mestiere di evangelizzatore. E non ricordi certamente una mia piccola osservazione, in privato, che tu hai smosso con insofferenza, in uno dei tuoi passaggi a Santa Lucia (Mi è successo altre volte, e con altri,  di essere un rompi-cabasisi, per dirla come quel mio amico siciliano: non lo faccio perché ne godo, ma perché lo sento come bene, magari sbagliando, perché no?). Ma fammi dire: quel che succede lì a Bose sta intristendo molti, e sta facendo festeggiare alcuni avvoltoi. E’ mai possibile che non si potesse trovare nel silenzio monastico una soluzione, che è poi, nel caso, l’insediarsi nell’umiltà? Far scomodare Francesco, quanto lacera la tua fedeltà più vera, e tanto lodevolmente…

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Finalmente!

Il grido strozzato nella gola di quasi tutti, per il 4 di maggio (che è il giorno prima del 5 di manzoniana memoria. a chiederci comunque attenzione su quell’ ei fu di uomini e di cose della vita). Finalmente! Almeno liberati verso i congiunti! Ma un poco strozzato rimane ancora, sulla elaborazione di congiunto: perché no gli amici. E dunque un prete da un altro prete per confortarsi nella solitudine celibataria, no? Credo che nel bailamme, per altro comprensibile nella pandemia che ha viruslizzato le menti di chi non ne è stato preso fisicamente, sia mancato da parte degli uni e degli altri quella parola tanto ascoltata: responsabilità. Tanto ripetuta quanto non rispettata: non dico nei comportamenti, davvero encomiabili nell’osservare le “distanze”, ma nelle teste. Così nel gran cortile…

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