Le piazze al voto

Lo spettacolo di Milano, per chi l’ha visto, non è stato bello. Anche offensivo quello sventolare un rosario, dopo qualche mese dalla chiamata a un giuramento sul vangelo: che oltre tutto, in quelle mani, sembrava intonso!. Certamente intonso era nella testa, per lasciar perdere il cuore, di chi li ha sventolati. Perché se c’è qualcosa che non appartiene a quelle piazze è proprio il vangelo: dice di stare attenti a non ricevere i forestieri, che è il termine più comprensibile che si possa applicare ai migranti, questo cavallo di battaglia che, si dice, procurerà una valanga di voti allo sventolatore. Forestiero: comprensibile ché racconta di chi viene da fuori, appunto. Ed è evangelico non tenerlo fuori. Di una chiarezza inattaccabile; anche se troverete tra i frequentatori dei templi…

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Siri

vescovo a Genova a trentott’anni, e cardinale a 47: e in un tempo di gerontocrazia ecclesiastica piuttosto pronunciata (e che sembra durare tuttora: ma è prudenza, secondo una scuola di pensiero, che vuole uno stagionato rispetto a chi potrebbe ancora risentire delle tempeste, più o meno ormonali della crescita, che non si ferma alla gioventù). Tuttavia da sempre il nostro professore di storia ci avvertiva con forza: strage della Chiesa il nepotismo. Che non è, manco a dirlo, solo quello familistico: ma che compare in quelle preferenze dell’uno rispetto ad un altro, al di là dei meriti. Non che Giuseppe Siri non fosse uomo intelligente e virtuoso al punto giusto. Ma certo si ingessò in un paludamento che non gli fece sentire l’ebbrezza di un’aria nuova: sarebbe stato fedele al Concilio,…

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