Chi sa se è l’avere il tanto, o l’essere di sé fatto centro ormai di ogni relazione, a rendere intolleranti. Di una intolleranza che rasenta la fobia per la diversità: il razzismo, più o meno occulto, parte da lì. Un razzismo che è oggi innegabile per chi viene da lontano ad occupare il posto che “è mio”. Ma è fobia per abitudini altrui. Ora è il tempo dei vegani: questa specie di persone che non solo scelgono di nutrirsi di erbe, in barba a chi pure sostiene che anch’esse abbiano una vita – alle piante, se gli parli mentre le innaffi o le poti, ti rispondono con una crescita più viva – ma pretendono che nessun altro si nutre più né di carne bianca né di carne rossa. Ma continua il tempo degli animalisti, in questo sostenuti da quelle catene di scaffalature che tengono al benessere di cani e gatti – da scatolette di prima scelta a cappottini contro il gelo: secondario che si spendano miliardi per il cagnolino cui si insegna a chiamarti mamma, e si dica che far figli costa. E si è avviato il tempo degli antitabagisti accaniti: fumare in locali pubblici, per fortuna non si fa più da noi da alcuni anni; ma ora, un libro tra le mani, sotto alberi di un parco fatto per assorbire sostanze nocive, è in via di proibizione fumarti una sigaretta che accompagni l’immersione nella storia.E si dice una, non le cinquanta degli accaniti cercatori di tumore. Confondendo così, gli uni e gli altri, una sana educazione alla salute con una insofferenza per una conclusione di un pasto, che per qualcuno è un dito di grappa, e per altri una (una) buona sigaretta. È la rigidità che deriva da un attaccamento insofferente alle proprie convinzioni: impedendo, a volte con la violenza, che altri possano avere usi e costumi diversi. Più uno sta bene, più diventa intollerabile? E cioè incapace di rispetto per chi è diverso da sé? In un mare di personaggi alla ricerca di una evidenza di sé, si arriva alle idiosincrasie, quella forte adesione a perone o situazioni non gradite, che non sai se è una moda (ma lo è, se poi le cronache di ti raccontano che la Tizia e il Tizio già vip ha smesso di seguire il testamento del per altro egregio Veronesi. Eppure, con molta più enfasi di quanto non meriti, si cita Voltaire, là dove dice che “nel disaccordo con le tue opinioni, tuttavia difenderò fino alla morte il tuo diritto di essere diverso”. Citazione per altro erroneamente riferita al filosofo dell’illuminismo, come un recente studio ha chiarito, essendo di proprietà di una stimabile scrittrice, tale Evelyn Beatrice Hall. E sarebbe finalmente comprensibile come in uno scritto contro Rousseau, invitasse a non esercitare la tolleranza, che pure è una virtù, perché con lui diventerebbe un vizio. E altrettanto comprensibile come i rivoluzionari francesi, quelli della ghigliottina, lo eleggessero a loro nume, facendolo solennemente seppellire nel Pantheon parigino. (Mi è sempre piaciuta l’espressione di Luigi XVIII qualche anno dopo e a chi lo voleva disseppellire perché non conveniente che un anticlericale simile stesse in un tempio cattolico: “è già punito abbastanza per il fatto di dover ascoltare la messa tutte le mattine”!). Ma ci può essere una intolleranza per gli intolleranti? Per quelli a cui niente è mai buono a sufficienza, per quelli che “si poteva far meglio” e intanto impediscono il possibile? Anche qui vale una nostra legge alla Parkinson: il politicamente corretto  dice di battersi per il rispetto combattendo gli intolleranti. Che sono più diffusi di quanto non si immagini. E forse, per qualche angolo nascosto, ne potremmo soffrire anche noi. Ma certo è che buone amorevoli staffilate, quelle di Francesco papa che non piacciono per nulla a tanti già esimi personaggi di Chiesa, sono lì ad avvertire. O stai di qua, o sappi che stai scivolando di là.