Ci sono molte cose che vorrei mi spiegassero quelli che dicono che ora è meglio di allora. Un tempo c’erano gli spazzini: giravano con un carrello dotato di due generi di scope, e un secchio e una paletta. Di solito erano tipi allegri, concilianti. Un salve non lo risparmiavano a nessuno. Ma erano più loquaci con chi li invitava a bere un bicchiere di rosso nell’osteria più vicina. Solo che di osterie vicine, lungo il giorno, ce n’erano più d’una. E così

 tiravano sera. Di solito avevano la ciucca leggera e allegra, non quella cattiva. Le strade erano pulite molto meglio di adesso, anche perché il giro era allora quotidiano, e non mensile, e non fatto di notte con macchine che svegliano dal sonno, e schiacciano lo sporco sull’asfalto, invece di portarselo via. Ci si dovrebbe chiedere se è progresso avere eliminato gli spazzini (e se è intelligente lasciar per strada a far niente tanti immigrati, invece di dargli una tuta arancione e un euro all’ora – per cominciare, e checché ne dicano i sindacati – e renderli responsabili delle strade su cui prima vagabondavano).

Così come dovrebbero farci sapere perché vent’anni fa le rotonde nella bergamasca erano considerate pericolose, e adesso invece si stanno moltiplicando anche dove non sono necessarie (avete mai visto una rotonda regolata da semafori? e così stretta da mandarti a grattare l’aiuola? Se avete un’auto, sapete di dove dico). E dire che negli assessorati della provincia ci sta ora lo stesso che bestemmiava allora contro il sindaco e il parroco di paese, che gli chiedevano di metterne una a spezzare un rettilineo che seduceva a corse suicide, tre chilometri in leggera discesa, un’ebbrezza anche per i più prudenti; e quello aveva il muso di rispondere che le collinette francesi, che impedivano di vedere oltre e dunque costringevano a rallentare, erano fregnacce. Quello lì ci sta ancora: e fa le rotonde inutili, se non addirittura sconsigliabili. Se qualcuno ha studiato il perché dovrebbe farcelo sapere.

E occorrerebbe qualcuno che finalmente mi spiegasse che differenza c’è tra i cinquecentomila conviventi, di cui si vuole migliorare le sorti: conviventi, ma come? Uomo donna, stesso sesso, badante e infermo, sorelle, madre e figlio, parroco e perpetua, amiche, casa di riposo – sono calcolate le convivenze delle case di riposo, e il direttore che potrebbe diventare, perché no?, il destinatario dei benefici affettivi ed economici? Perché: si parlasse di diritti affettivi, potrei capacitarmi, ma se si scivola verso interessi economici? Reversibilità della pensione per tutti? Non può essere questo il traguardo del gran parlare. Ci stanno sotto altri intenti? Qualcuno che ha studiato la cosa, mi dovrebbe spiegare perché uno vuole qualcosa pretendendo che non lo si chiami qualcosa. Il dubbio che ora si sia meno acuti, sicuramente meno limpidi, in ogni caso più furbastri di allora, ci sta tutto.

Perché, se è così, come volete che faccia una buona Pasqua, sapendo che al Cristo Risorto non gli riesce ancora, ora più di allora, di staccarci da confini penosi? Quelli, e i nostri?