a pretesto

“C’è un ragazzo di 24 anni che gioca a pallone e guadagna ventimila euro al giorno perché qualcuno ha deciso che è un fenomeno. Questo ragazzo ha un fisico da corazziere, un tocco di palla regale e un tiro che è una cannonata”. Questo è l’incipit di uno dei tanti  articoli sul capro espiatorio di una squadra che ha perso non il mondiale ma l’onore. Lui emblema di tutti gli altri, sfaticati, demotivati, preoccupati di propri polpacci (e delle spalle, che cannibali contemporanei ambiscono manducare!): così dicono le cronache, e lo scrivono anche per chi  come me le partite non le ha proprio viste. Ma l’incipit mi serve per altro, un pretesto per accusare un certo uso ormai largamente invalso: avete presente la dicitura “lascia qui il tuo commento” che segue a tutti gli articoli…

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non vorrei

Da qui sotto. Portato via come presunto assassino di una ragazzina. E l’unica cosa che sa dire è sono sereno? sereno perché no, lui non c’entra proprio; o sereno perché in tre anni e mezzo ha ricomposto tutte le tessere del mosaico: trasformando un quadro di figurazione dell’orrore in una scansione di colori che non dicono nulla? Che non gli dicono più nulla? Sono sereno lo dicono in molti, quando calano il sipario sul tuo sguardo per quanto amorevole. Sipario steso su un dramma o una tragedia, a nascondere innanzi tutto a se stessi e poi agli altri qualcosa di insopportabile. Per raccontarsi una verità fabbricata, non la verità così come esce dalle pieghe dell’esistenza. Ma insopportabile perché non condivisa. Sono sereno, allora, te lo dicono prima ancora che tu…

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fase rem

Sarà stato il vento impetuoso dell’altra notte, e il suo danzare veemente con la pioggia torrenziale: nel sottile tetto turbinio sordo, a riverberarsi in casa, rombo che in un primo tempo allarma, e poi culla fino a conciliare il sonno. E il sogno. Eccolo. Si stavano compiendo i giorni di pentecoste, la perfezione della pasqua, ed io mi trovavo in un angolo del cenacolo. Gli altri erano lì, nel mezzo, ad aspettare non sapevano che cosa. Io conoscevo cosa sarebbe accaduto: ero lì ma sapendo di essere venuto dal futuro, con tutte le informazioni che il loro discepolo Luca avrebbe raccontato per i posteri. E dunque il fragore (tanto improvviso che ha spaventato pure me, ma sarà stato un fulmine schiantatosi sul Canto), il loro rialzarsi a guardarsi l’un l’altro quelle fiammelle di fuoco…

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abbagli

  Fa rima con sbagli. Un qualsiasi buon dizionario mette lì una sfilza di sinonimi: annebbiamento, appannamento, obnubilamento, offuscamento. Contraddire la luce che illumina: troppa, acceca. Certo ci stanno abbagli indotti o subiti. A volte li si cerca, il più delle volte sono oltre la volontà. Quando l’altro ti vede come non sei, ne è sedotto o ne è respinto; quando all’altro imputi in colpevolezza quello che sta in un desiderio che non vuoi riconoscere come tuo, è paranoia; quando costruisci una figura dell‘altro perché vuoi che l’altro sia quello che non è ...;  quando scambi la veemenza sessuale per innamoramento...; quando ... è allora che l’abbaglio diventa uno sbaglio. Al di là della colpa, resta comunque lo scotto, il prezzo pesante da pagare.  Prendete il…

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