Giovani e forti (magari giovani nel corpo no, ma nello spirito certamente forti: si spera) i cardinali di santa romana chiesa, i vecchi e i nuovi, sono radunati in concistoro: nella funzione di aiuto al vescovo di Roma a presiedere la Chiesa nella carità. E sono chiamati, ancorché celibi, dunque senza famiglia, ad ascoltare e a dire la loro su questa istituzione che da noi ancora si sa che cos’è, mentre nei paesi anglosassoni un po’ meno (là dove i figli sono premuti a uscire da casa, poco più che adolescenti, per non ritrovarsi a mangiare la pastasciutta della mamma da trentenni  bamboccioni – ma se non più bamboccioni, che sono? chiedere per sapere a chi li frequenta, ad esempio, nella prosperosa Inghilterra). Ma la saggezza cardinalizia è accompagnata dagli interventi numerosissimi arrivati da tutte le periferie del mondo, vicine  e lontane, alla segreteria del Sinodo che sarà convocato in due sessioni annuali a pronunciare parole finalmente nuove. Su un questionario delle famose trentotto domande. A leggere il testo inviato ai vescovi non è solo e non potrà essere  una raccolta di dati derivanti dall’osservazione parrocchiale diretta, ovvero per conoscere come le singole parrocchie si comportano di fronte a determinati avvenimenti che si verificano. Non certo una roba tipo “come vanno le cose dalle tue parti?”. Ma un lavoro da fare «in profondità e senza cadere nella casistica» per aiutare i coniugi a vivere con gioia il piano di Dio sulla famiglia, accompagnandoli con «una pastorale intelligente, coraggiosa e piena d’amore». Questo orientamento di papa Francesco instillerà finalmente l’accostamento al male di vivere che non lascia certo quieti neppure i credenti? C’è molta sofferenza, dicono quelli che ci lavorano, nelle risposte arrivate dalle diocesi. E, manco a pensarlo, un primo esame a risaltare sembra essere proprio la sofferenza espressa soprattutto da coloro che si sentono esclusi o abbandonati dalla Chiesa per trovarsi in uno stato di vita che non corrisponde alla sua dottrina e alla sua disciplina. Vedi i divorziati credenti. Uscire dai tavolini giuridici, dai palazzi dove non arrivano l’odore delle pecore, potrebbe essere la sfida da vincere. E qui le periferie da ascoltare sono quelle del  cuore dell’uomo: finalmente chiamando ciascuno per nome e non incasellato dentro tipologie. Non sarà semplice, immagino: orizzonti culturali e tradizionali lontani o addirittura opposti, che chiedono alla Chiesa di accettare che l’unità si costruisce nel riconoscimento delle differenze, e non nell’uniformità. Vallo a far capire a chi è ingessato dentro formule dottrinarie che non sanno più il profumo dello Spirito, e il suo vento che turbina sulla terra sconvolgendo certezze nutrite esclusivamente di storia.  Con l’iniziativa sinodale si è aperto un cammino di fiducia per molti che l’avevano persa. Un nuovo approccio umano e cristiano: di questo abbiamo oggi bisogno: un approccio che faccia vibrare le persone e le disponga all’ascolto e all’accoglimento di ciò che è bene per loro. Non si tratta di pretendere una cancellazione della sofferenza: si tratta di sentirsi comunque inclusi, anche nei santi segni che ci salvano.