Sta estraendo un portamonete, e si sente dire: free, gratuito. Ingresso libero. Un abbaglio comprensibile, se entrando ci si trova di fronte quel gabbiotto stile cinema parrocchiale anni cinquanta, nel duomo di Milano. Il turista può credersi entrato in alcune cattedrali d’Europa, dove non si è liberi di girare, se non per percorsi stabiliti da un biglietto d’ingresso. Il gabbiotto serve per prendersi l’auricolare informativo, naturalmente a prezzo di tot euro. Ma per quanto ancora si sarà free nel cercare i segni del sacro scolpiti dai secoli? Le ragioni ci stanno tutte: costo delle manutenzioni, degli uomini della vigilanza, del mantenimento contro l’usura del tempo… Ma non ci sta la ragione prima: almeno il sacro liberato da gabelle da bottegai, già inviperiti come si è da tante tasse. Ma, se butti lo sguardo in orizzontale, nella navata di là vedi quella piramide di vetro, illuminata tanto che non può sfuggire a nessuno per quanto orbo: e lì medagliette, coroncine, catenelle d’oro e d’argento, libri d’arte, dvd e vario materiale da far scendere il Cristo dalla croce per nuovamente cacciare i mercanti. C’è da dire che il Duomo di Milano non è stato pensato, come i suoi omologhi gotici, con un gran nartece: un portico dove quelle pratiche potrebbero passare l’esame anche del più ostico fautore delle sconfitta delle botteghe nel circondario delle chiese. Ma certo non è bello spettacolo. Infastidisce. Un rimedio ci sarebbe per far fronte a manutenzioni, vigilanza e quanto occorre: basterebbe che i cristiani, per la chiesa del proprio territorio, si sentissero corresponsabili anche dei tetti. Da alcune parti succede: e così i turisti possono entrare free nella bellezza mantenuta, a memoria degli avi, dai loro discendenti. Anche così una comunità si fa: diventa corpo con le pietre che racchiudono il mistero da testimoniare.