tra percezione e manipolazione

Da circa tre-quattro anni è entrato nel vocabolario quotidiano della ggente con due g il termine percezione: una uniformità grigia che tocca tutti gli ambiti, mediata da quell’amplificatore della realtà che è l’informazione, cartacea o televisiva. Vale non ciò che è, ma ciò che si percepisce. Abbiamo così raccontato estati tropicali, o inesistenza degli inverni, contro l’evidenza dei termometri, e lo studio dei credibili meteorologi: alte temperature maggiorate dalla personale intollerabilità,
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l’uomo guarda l’apparenza, Dio scruta i cuori

Una grande tragedia del secolo scorso, dopo l’olocausto, è stata quella dei desaparecidos: supposto che si possa fare una graduatoria del male. Ma è bene ogni tanto andare nelle soffitte della memoria, e aprire bauli impolverati dalla cattiva coscienza: anche solo per non abituarsi mai ai genocidi. Siano quelli serbi, solo ieri, o quelli che si consumano ancora oggi nella regione dell’antica Persia o nelle nazioni africane. Una tragedia, quella argentina,
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non smentire l’attesa: se Tu squarciassi i cieli e scendessi

Purtroppo, al giorno d’oggi, ci stanno i meteorologi, che non scrutano il cielo, la sera o il mattino, come racconta l’evangelista, per vedere che tempo fa. Oggi, per fortuna, hanno strumenti che calcolano quasi al millesimo se piove o fa bello. Ma, purtroppo o per fortuna? Per fortuna, perché aiutano a predisporsi nell’imminenza di un possibile disagio, o a partire sereni in un viaggio programmato. Purtroppo, perché non lasciano più spazio alla sorpresa, che
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vivere l’avvento come una grande vigilia

È un luogo comune, ormai. Natale non è più natale. Se celebrare è pronunciare parole che svelano il significato di un evento, e produrre gesti che ne dicano il perché, natale non è più natale. Il troppo sfarzo allontana in una distrazione che tradisce ciò che si vuole ricordare. Ridurre il fatto del Figlio di Dio, che si fa uomo e storia, a una festa dei buoni sentimenti, è tradire quell’atto di rivoluzione che fu la nascita di Gesù. È tradirne la memoria. La
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appunti di ricordi per il due di novembre

Sono stato chierichetto. Naturalmente, direi. E in un mondo religioso quasi completamente scomparso. E tuttavia il mio presente di prete nasce da lì. Chierichetti: sono curiosi, gironzolano, toccano, rompono ma anche imparano. I più vivaci diventano preti. E se lo diventano quelli un po’ troppo queti, che non si ribellano e non danno fastidio, allarme sulla Chiesa!, ché si ritroverà chierichetti non cresciuti a gironzolare per tutta la vita in sacrestia. Portare il viatico
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la strada nel granturco e la virtù della coerenza

Per vari motivi ho avuto un’estate poco vacanziera. Non sempre ciò che si promette, poi s’avvera: basta un contrattempo, o un’urgenza, basta poco e le attese, come si dice in schietto bergamasco, vanno a farsi benedire. Ma un’estate non percepita, al di là del clima, non vuol dire un’estate mancata: la mia è stata un’estate intensa, anomala rispetto all’agenda, e tuttavia piena di un respiro diverso. Non sto certo giustificando quelli che s’attardano
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quella mano che guida l’inquietudine

Sono stato ultimamente disturbato dalle piazze, pur nelle loro marcate differenze di stile e di toni. Nelle piazze si coagulano consensi che, o finiscono nel nulla degli slogan, o si abbruttiscono in una chiamata alle armi contro il nemico. Pretendere il riconoscimento dei propri diritti contro altri, non è mai la buona strada di attenzione al bene comune, di cui i cristiani sono moralmente investiti. Eppure, sembra proprio che i cristiani non si distinguono
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uno sguardo alla rete, e uno a Lui

A me succede, a volte. Le facce di migliaia di alunni che ho incontrato all’Esperia le ho tenute nitide a lungo: incontrarli in città, ormai giovani avviati all’età adulta, cominciava da un salutarsi da lontano. Poi, inevitabilmente, quei lineamenti mi sono stati rubati: sia per la peculiarità della memoria – che rimpicciolisce man mano si arricchisce di nuove conoscenze, oltre che per il macello dei neuroni dell’età che avanza – sia per i ritocchi di
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quei due di Emmaus, e noi

La pasqua non finisce mai, per chi si fa discepolo. Non finisce neppure quando le cose che si prevedono non si avverano secondo le attese. E non finisce quando cala il buio della notte. Basta avere il coraggio di buttar lì la propria povertà, nell’invito a restare, a non lasciarci soli. È esso stesso la nostra salvezza. E, infatti, ci si trova rimessi in corsa sulla strada dell’annuncio. È successo a Cleopa e al suo compaesano, i protagonisti di quel giorno
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sulle strade del mondo tra ora e allora

Ci sono molte cose che vorrei mi spiegassero quelli che dicono che ora è meglio di allora. Un tempo c’erano gli spazzini: giravano con un carrello dotato di due generi di scope, e un secchio e una paletta. Di solito erano tipi allegri, concilianti. Un salve non lo risparmiavano a nessuno. Ma erano più loquaci con chi li invitava a bere un bicchiere di rosso nell’osteria più vicina. Solo che di osterie vicine, lungo il giorno, ce n’erano più d’una. E così
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