Cari monaci di Bose

Cari monaci di Bose, di incidenti è piena la terra e la vita degli uomini. Più o meno gravi, qualche volta solo bizzarri, se non banali. Della banalità di intoppi tecnologici, forse dovuti a torbidi interessi nemici (ma perché?), o forse solo causati da dilettantismi dell’operatore. Da catalogare così, dopo la lettera scritta per Enzo, l’impedimento a proseguire prontamente con uno scritto rivolto a voi, su quanto successo lì. Nel frattempo molti altri, e per l’affetto a Bose, hanno scritto più o meno schierandosi: che è l’ultima cosa che meritate. E se nessuno avesse ragione, perché tutti hanno torto? Una domanda che merita un tentativo di risposta. Detto del priore che non ha saputo davvero ritirarsi, senza tuttavia sparire (e lo si fa se si continua a vivere  insieme, ma finalmente…

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caro Enzo

caro Enzo, non ti ricorderai di me, con tutti quelli con cui ti sei incontrato nel tuo magnifico mestiere di evangelizzatore. E non ricordi certamente una mia piccola osservazione, in privato, che tu hai smosso con insofferenza, in uno dei tuoi passaggi a Santa Lucia (Mi è successo altre volte, e con altri,  di essere un rompi-cabasisi, per dirla come quel mio amico siciliano: non lo faccio perché ne godo, ma perché lo sento come bene, magari sbagliando, perché no?). Ma fammi dire: quel che succede lì a Bose sta intristendo molti, e sta facendo festeggiare alcuni avvoltoi. E’ mai possibile che non si potesse trovare nel silenzio monastico una soluzione, che è poi, nel caso, l’insediarsi nell’umiltà? Far scomodare Francesco, quanto lacera la tua fedeltà più vera, e tanto lodevolmente…

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Finalmente!

Il grido strozzato nella gola di quasi tutti, per il 4 di maggio (che è il giorno prima del 5 di manzoniana memoria. a chiederci comunque attenzione su quell’ ei fu di uomini e di cose della vita). Finalmente! Almeno liberati verso i congiunti! Ma un poco strozzato rimane ancora, sulla elaborazione di congiunto: perché no gli amici. E dunque un prete da un altro prete per confortarsi nella solitudine celibataria, no? Credo che nel bailamme, per altro comprensibile nella pandemia che ha viruslizzato le menti di chi non ne è stato preso fisicamente, sia mancato da parte degli uni e degli altri quella parola tanto ascoltata: responsabilità. Tanto ripetuta quanto non rispettata: non dico nei comportamenti, davvero encomiabili nell’osservare le “distanze”, ma nelle teste. Così nel gran cortile…

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epidemia

Quattro settimane e più da che siamo entrati in un pianeta diverso. E noi preti a celebrare in solitudine: sì davanti alla chiesa  e per la chiesa, ma senza la comunione dei corpi non è lo stesso celebrare. E dunque ci si snoda in modo diverso tra altare e navate, dandosi camminate che sigillano le parole della Scrittura in meditazioni di profondità più accentuata. E così t’accorgi che la profondità si dissimila dalla seriosità con cui imbastisci talvolta il tuo servizio di Parola. Ed emergono pezzi che trasportano ben oltre i muri, e oltre la collina. E dunque immergono nella universalità di quella liturgia che stai celebrando sine populo, ma con tutta l’umanità. Ti fanno sentire più vera la salita al Calvario che ogni messa dovrebbe ricordare, il sacrificio di chi si è dato per noi, per…

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dominicum

È avvenuto quello che non mi era mai successo: le partite di pallone? a spezzoni, per curiosità condivisa con i milioni altri,  in tempo di mondiali, niente più. Non sono tifoso. Mai entrato in uno stadio, neppure per manifestazioni religiose (questo però dovrei spiegarlo a parte…). Ma ieri sera mi sono digerito tutta la partita. Ammaliato dallo stadio vuoto. Dall’assenza del fracasso di cosiddetti tifosi che son lì non per contemplare, ma per esibirsi in cori da stadio, appunto: insulsi, quando non sono offensivi, certamente lontani da un rito che chiede pause di silenzio. Silenzio appunto: e il suono del calcio che finalmente ti arriva. Quelle voci, quel pallone che tocca suolo o la traversa. Il silenzio che ti fa partecipe finalmente del gioco, dei suoi protagonisti, e fa anche te…

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Infezioni

Scrivo proprio perché costretto da chi chiede che dica qualcosa anch’io. Come se i senni che si sono sprecati in questi giorni non bastassero! O come se io potessi aggiungere qualcosa di utile! Ma insomma. Sicuramente tempo a disposizione per informarsi di più ce n’è, visto che hanno fatto abbassare saracinesche su tutta la vita sociale di un prete. E dunque: dal pippistrello allo zibetto è venuta la sars, dal pippistrello al cammello la mers, dalle grandi scimmie l’ebola, dagli uccelli selvatici a quelli domestici l’aviaria, da carni ovine e  bovine la muccapazza. A parte l’Inghilterra che fu focolaio di quest’ultima epidemia, e l’Arabia per quel che concerne la mers, maggiore imputata di focolai è la Cina: la densità di popolazione, gli allevamenti misti, i mercati di animali vivi,…

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gli sconfitti

Non vi siete meravigliati vedendo il trofeo dato come miglior allenatore di calcio? Una panchina d’oro, disegnata come l’archetipo delle panchine che tutti hanno in testa. Quattro gambette, due assi per sedere e due per appoggiarsi. Quelle insomma che dai campi dell’oratorio agli stadi degli anni fino ai novanta hanno “addobbato” il terreno di gioco. Ma ora? Viste quelle mastodontiche poltrone su cui affondano allenatori e coorte? Che c’entrano? Possibile che messe lì non chiedano vendetta agli dei? per come ne esce sconfitto l’archetipo del calcio? O non esiste più, non solo l’archetipo ma neppure il calcio? Di oggi la notizia di uno scrittore inglese, di cui è un affascinante romanzo sul calcio,  che ha deciso di non scrivere più; e proprio perché, dice, non si riconosce più né nella…

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desnuda

Non dell’opera di Francisco Goya, che richiama al Prado di Madrid curiosi un poco morbosi, e poi disillusi, più che appassionati d’arte che possono trovare lì capolavori di Rubens, Rembrand, Tiziano; di El Greco con la sua Resurrezione – che è eros puro nel connubio con thanatos, la morte; se non dello stesso Goya, con quel El tres de mayo dove il condannato in bianco e giallo alza e spalanca le braccia come un crocefisso e grida la sua fede per la libertà. Non dunque della Desnuda di Goya né del suo fucilato-crocifisso così simile al Cristo di El Greco, con quella mano perforata a ricordarne la passione – anche se forse troverete una connessione qui. È questa collina che da qualche giorno è desnuda: un invito a ripulire i margini della strada, dal fogliame che calava sino a sfiorarti, è…

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emerito

Un giorno il papa Paolo VI disse, scandalizzando gli ipocriti, che il fumo di satana era entrato nella Chiesa. Eppure erano tempi ancora molto coperti: in barba a tutto, si viveva del preconcilio a Concilio ormai consegnato. Un fumus persecutionis che tocca il papa attuale in modo sconosciuto ai secoli che precedono. Eretico, idolatra: due accuse che sbiancherebbero chiunque nella Chiesa di Cristo, tanto più chi è stato chiamato ad essere presidente della carità ecclesiale, e dunque dell’unità e della difesa della verità. Ma tant’è: viviamo in un’epoca che minaccia di consegnare alla storia non chi ha tracciato un cammino, ma chi si sbatte per chiudere orizzonti. E qui – spiace dirlo a me che ne ho sempre avuto stima anche in tempi in cui lui stesso era vittima di disistima (ma non di…

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presepe

La messa della notte di Natale a Bagdad non si celebrerà, per motivi di sicurezza. E dato il contorno del fanatismo guerrafondaio, dolorosamente necessario. Per gli stessi motivi, prima non si voleva permettere ai cristiani di Gaza di recarsi a Betlemme o a Gerusalemme, poi, sì, con un permesso rilasciato dalle autorità israeliane. Da noi, in questa patria italica, c’è un sindaco che impone il presepio in ogni edificio comunale; e che sia grande. Il che, ha fatto scrivere a un notista satirico: “cassato l’iniziale obbligo di escludere dai presepi comunali tutti gli extracomunitari coinvolti, siccome sarebbe rimasto solo l’asino, poteva sembrare satira politica”. Eh, sì, perché il suprematismo bianco sta perdendo colpi nei fatti: camerieri, spazzini, muratori, medici, ma fidanzati e…

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