Dice il dizionario “calore esagerato, forza eccessiva che, per artificio retorico e per ottenere maggiore effetto, si mette nel tono di voce o nei gesti quando si parla, e anche nello scrivere: gonfiezza, ampollosità, cui non corrisponde, per lo più, una effettiva forza di pensiero o un contenuto adeguatamente significativo”. Sul Sinodo in corso d’opera, e sul suo oggetto che è la famiglia (ogni famiglia è sacra, secondo il logo adottato per un dipinto figurativo presentato al papa) c’è enfasi. Adesso che per la prima volta (per quanto ne sappia) la parola parresia è pronunciata da un papa, distendiamoci senza la paura di soloni che t’aspettano al varco per rimetterti subito in linea: loro che non ascoltano mai. Non che per il passato ci si sia lasciati fermare nel dire dal timore dello scrivere o del pronunciarsi su alcuni gangli di quel sistema linfatico che attraversa tutto il corpo della chiesa; e che aveva fatto suggerire sommessamente dal cardinal Martini che snodi irrisolti dovevano prima o poi essere affrontati, se non si voleva che il disagio diventasse una malattia irreversibile. Con parresia dunque diciamo che sul Sinodo s’è fatta molta enfasi: e da chi si aspetta una rivoluzione dottrinale sul matrimonio, e da chi sottovaluta che la comunione nella chiesa non passi anche attraverso la comunione eucaristica. Gli uni quasi a non porsi il fallimento di una unione sancita da un sacramento, gli altri a definire appartenenti alla chiesa quelli che pure costringe a stare sulla soglia. E con parresia diciamo che sulla famiglia si è fatta molta enfasi: facendola diventare un dogma cattolico. Certo, la famiglia resta una buona notizia; e una volta di più, politically incorrect, mi schiero con lo stile italiano che non sbatte fuori i figli subito dopo l’adolescenza, come è nell’uso anglosassone. Il legame di reciproco affetto abbisogna di una comunione della vita: la chiesa può ignorare le molte forme di convivenza che della famiglia tradizionale hanno la sacralità dell’affetto. Chi potrà osare dire che Dio non può essere presente lì? I padri sinodali sono chiamati a pronunciarsi su un tema particolarmente complesso, della complessità di cui è ormai imbastito questo nostro tempo. Certamente i percorsi che dai cinque continenti prenderanno il suono di voci diverse condurrà ad ingorghi. Non c’è d’aver paura, ha predetto papa Francesco: basta ascoltarsi, e ascoltarsi con umiltà. Quello che conterebbe per una buona uscita, per dipanare la matassa di sensibilità diverse, porsi di fronte alla rappresentazione della realtà così come è, ed enunciando come la si vorrebbe: dal vero reale al vero ideale. Senza il primo, non si dà il secondo. Ora i vitigni rinsecchiscono in colori che sfumano dal rossiccio al cappuccino: descriverli diversamente può solo confortare gli illusi. Ogni stagione è bella se non la si scambia con un’altra: che è poi l’esercizio sterile di chi in inverno va ai tropici, nell’illusione di una perenne estate. Tralci della vita tagliati, e messi ad essiccare. (E poi c’è un enfasi sbagliata su Francesco papa. Così lo si può anche affossare: ci giocano i suoi nemici, dentro e fuori la Chiesa. Ma su questo, un’altra volta.).